1 Maggio: un lavoro sicuro e dignitoso.

Era il 1882, quando i Cavalieri del lavoro a New York organizzarono una manifestazione che nel tempo si sarebbe consolidata come Festa del lavoro o Festa dei lavoratori . In Europa la festività venne formalmente introdotta dall’internazionale Socialista nel 1889 a Parigi. In italia fu soppressa durante il ventennio fascista e ripristinata dopo il conflitto mondiale. Tutti ricordiamo che nel 1947 la ricorrenza venne insanguinata dalla strage di Portella della Ginestra dove la banda di Salvatore Giuliano sparò su duemila lavoratori uccidendone undici.

Oggi, 1 maggio 2010, come possiamo accostarci a questo momento, nell’ambito di un contesto così mutato e variegato. In altre parole, che cosa festeggiamo e chi può ancora sentirsi di festeggiare?

Non di certo quei lavoratori che hanno perso il posto (e sono tanti) negli ultimi due anni per effetto della crisi economica; non credo neppure i lavoratori precari, il mondo delle partite iva, ne tanto meno coloro che sono costretti a lavorare in nero; neppure festeggiano gli ancora troppi infortunati sul lavoro, né tanto meno, ovviamente, i familiari delle vittime ai quali va tutta la nostra vicinanza.

Inutile nasconderci che molte delle conquiste sindacali e più in generale delle lotte degli anni ’70 si sono nel tempo ridotte o “sbiadite”. La concorrenza “sleale” portata dalla globalizzazione fatta da Paesi in cui il costo del lavoro è particolarmente basso proprio perché non vi sono tutele per i lavoratori (contributi, pensioni, sicurezza, etc..) ha negli ultimi anni  pesantemente contribuito a questo mutamento di pelle del mondo del lavoro.

Allora celebrare il lavoro mi sembra oggi l’occasione per provare a ricordarci di alcune parole che per taluni, soprattutto giovani, rappresentano quasi un miraggio: dignità del lavoro e del lavoratore, stabilità lavorativa, diritto ad una retribuzione sufficiente per vivere decorosamente e costruirsi una famiglia, diritto al proprio futuro, diritto alla sicurezza, insomma diritto al lavoro così come riconosciuto dalla nostra Costituzione.

Celebrare il primo maggio per noi albesi significa inoltre, a parer mio, manifestare riconoscenza ai tanti imprenditori (piccoli e grandi) del nostro territorio, lungimiranti e capaci , che continuano a garantire un lavoro dignitoso e sicuro a tanti uomini e donne, facendo si che, sia pure in un momento difficile, possiamo guardare avanti con fiducia.

Maurizio Marello.

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2 risposte

  1. enrico ha detto:

    Noi non siamo lavoratori!
    1 maggio festa del lavoro e dei lavoratori … Le principali catene commerciali hanno tenuto regolarmente aperto i propri centri commerciali, registrando incassi record visto che molti piccoli negozianti erano chiusi… Scusate saro’ forse un po’ bigotto ma mi suona un po’ storto che in questa giornata molti non abbiano affatto potuto festeggiarla, anzi “celebrarla…”… “ma noi non siamo lavoratori” mi dice una gentile commessa uscendo da un noto supermercato albese, “alla gente non importa se siamo costretti a lavorare tutto il giorno per concedergli il loro shopping in questo uggioso primo sabato di maggio…”La retorica dei politici e dei sindacalisti celebra in questa giornata chi un lavoro non ce l’ha proprio oppure chi lavora in condizioni sempre piu difficili… Ma non ho visto e sentito nessuno di questi politici/sindacalisti preoccuparsi a fondo per far rispettare l’osservanza di questa giornata simbolo per il lavoratori… Siamo una città turistica ed e’ giusto tenere aperto il più possibile, chiosera’ qualcuno… Su questo sono d’accordo (mi piacerebbe anche trovare negozi aperti il lunedi ad esempio, quando invece incontro turisti smarriti in una città semi chiusa…), ma credo che sia anche importante poter celebrare degnamente una giornata dedicata al lavoro e ai lavoratori. Si può resistere un giorno senza andare a fare la spesa, passando magari più tempo con la propria famiglia?

  2. alessandro ha detto:

    Il lavoro oggi è interpretato come una schivitù. la schiavitù moderna.
    Dover accettare il lavoro a qualsiasi condizione perchè il lavoro è il lavoro . ed ad esso ed al guadagno tutti si prostrano.
    Chi ha il coltello dalla parte del manico sa di poter trovare schiere di nuovi schiavi pronti (per necessità) a fare qualsiasi tipo di turno e qualsiasi tipo di lavoro, costretti dalla difficoltà di trovarne unb’altro migliore, magari ringranziando ancora il “padrone” baciandogli le mani con un leggero inchino al suo passaggio, pur di conservarsi la sua benevolenza. Ma allora, fantozzi non era un’invenzione cinematografica, è la realtà tragicomica del nostro tempo.

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